Prevenire l’infiammazione aiuta a combattere l’ipertrofia prostatica

Prevenire l’infiammazione aiuta a combattere l’ipertrofia prostatica.
Combattendo l’infiammazione della prostata si evita l’eccessivo ingrandimento della stessa. Ecco quanto emerso dal congresso della Società Italiana di Urologia tenutosi a Napoli dal 7 al 10 ottobre scorso.
In tre pazienti con iperplasia prostatica su quattro c’è un’infiammazione cronica locale che scatena i sintomi e favorisce la progressione della malattia.
Le percentuali di progressione della malattia, di ritenzione urinaria acuta e di ricorso alla chirurgia sono superiori nei pazienti con uno stato infiammatorio cronico rispetto a chi non ha infiammazione prostatica.
Per capire se la prostata è infiammata oltre che ingrossata si può fare un’ecografia oppure basta valutare i sintomi.
L’estratto esanico di Serenoa repens può essere utile: è un farmaco a tutti gli effetti in grado di ridurre la produzione di interleuchine e fattori di crescita.
Fonte: Corriere della Sera – Corriere Salute

Nei pazienti con iperplasia prostatica c’è spesso un elevato livello di infiammazione cronica locale che condiziona la progressione della malattia e l’effetto delle cure;
una terapia antinfiammatoria aiuta, soprattutto se urgenza e frequenza aumentano.

L’infiammazione è un killer silenzioso. Perché quando è a un livello medio-basso non ci si accorge di lei ma pian piano, senza troppi clamori, fa male al punto da contribuire alla comparsa di diabete, malattie cardiovascolari, tumori. E anche iperplasia prostatica benigna, uno dei problemi più diffusi fra gli over 50: lo hanno spiegato gli esperti riuniti a Napoli per il congresso della Società Italiana di Urologia (SIU), sottolineando che combattere l’infiammazione cronica locale è importante per avere buoni risultati contro l’eccessivo ingrossamento della ghiandola.

Tutta colpa dell’infiammazione

Secondo i dati discussi al congresso, in tre pazienti con iperplasia prostatica su quattro c’è un’infiammazione cronica locale che scatena i sintomi e favorisce la progressione della malattia. «La prostata contiene linfociti T e B, cellule che appartengono al sistema immunitario, ed è perciò un organo immunocompetente – spiega Vincenzo Mirone, segretario generale SIU -. Qualsiasi danno, interno o esterno, provoca una reazione immunitaria ovvero una reazione infiammatoria di difesa che, quando persiste il danno come nel caso dell’ipertrofia, diventa cronica. La persistenza di uno stato infiammatorio cronico porta a una sempre maggiore infiltrazione di linfociti T nella prostata, all’attivazione di citochine proinfiammatorie e di conseguenza all’anomala proliferazione delle cellule prostatiche. In pratica, si crea un circolo vizioso locale e l’infiammazione, oltre che causa dell’ipertrofia, diventa anche un fattore che ne condiziona la progressione». I dati di numerosi studi lo confermano: lo studio REDUCE su oltre 8mila uomini ha dimostrato uno stato di infiammazione cronica nel 78 per cento dei pazienti, un’indagine coordinata dai National Institutes of Health statunitensi su oltre 3mila uomini ha mostrato che le percentuali di progressione della malattia, di ritenzione urinaria acuta e di ricorso alla chirurgia sono superiori nei pazienti con uno stato infiammatorio cronico rispetto a chi non ha infiammazione prostatica. «L’infiammazione cronica peraltro limita la risposta alle terapie con i farmaci, riducendone l’efficacia», puntualizza Mirone.

I sintomi e le possibili cure

Per capire se la prostata è infiammata oltre che ingrossata si può fare un’ecografia oppure basta valutare i sintomi: se peggiorano, per esempio se il desiderio di urinare di notte aumenta o crescono frequenza e urgenza delle minzioni, significa che c’è infiammazione. «Si tratta di un problema che secondo molti si manifesta presto, per cui è verosimile che ci sia una “finestra terapeutica” precoce entro cui intervenire per spegnerla e ridurre i danni successivi», dice Mirone. Per questo la SIU ha emanato una nuova raccomandazione: nel documento appena presentato al congresso si sottolinea come i pazienti con ipertrofia prostatica debbano essere curati anche per l’infiammazione prostatica cronica. «Oggi per la prostata ingrossata si usano gli alfa-bloccanti e/o gli inibitori dell’alfa-reduttasi – interviene Giuseppe Carrieri, direttore della Clinica urologica presso l’Università di Foggia -. I primi rilassano i muscoli del collo della vescica e nella capsula prostatica, migliorando il flusso urinario: danno sollievo fin quando si assumono, ma non curano. I secondi inibiscono la conversione del testosterone in diidrotestosterone, l’ormone androgeno ritenuto un fattore di crescita della ghiandola, e quindi agiscono sulla causa dell’ipertrofia cercando di ridurre il volume prostatico. Nessuno di questi farmaci però ha un’azione anti-infiammatoria, per questo la raccomandazione SIU invita ad aggiungere un medicinale con indicazione per l’ipertrofia prostatica e una dimostrata attività antinfiammatoria specifica sulla prostata, l’estratto esanico di Serenoa repens. Può essere utile soprattutto per quei pazienti che, oltre ai classici sintomi legati all’ostruzione del flusso urinario, hanno anche irritazioni dovute all’infiammazione. Non bisogna farsi ingannare da un nome che sembra quello di un integratore – precisa Carrieri -. L’estratto esanico di Serenoa repens è un farmaco a tutti gli effetti, in grado di ridurre la produzione di interleuchine e fattori di crescita: pur avendo un elevato profilo di sicurezza deve essere prescritto dal medico. Anche gli antinfiammatori classici possono essere utili, ma possono essere usati solo per brevi periodi di tempo a causa degli effetti collaterali a livello gastrico e sulla coagulazione».

di Elena Meli